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Pensieri in pensilina

Dalmine - Osio

L’area che accorpa i comuni di Dalmine e di Osio Sopra nasconde delle storie piuttosto singolari, sotto la sua facciata comune. Probabilmente ci sarai passato di fretta durante una frenetica giornata di lavoro, immerso nel traffico e con il pensiero rivolto agli appuntamenti in agenda. A colpirti sarà stata la non troppo entusiasmante convivenza di zone residenziali e poli produttivi. Dalmine, in particolare, è un perfetto esempio di città industriale: nata agli inizi del secolo scorso, il suo assetto urbano è stato addirittura pensato da un solo progettista.
Insomma, se decidi di scendere a una di queste fermate, ti prendi il tuo tempo, e provi ad andare oltre il primo superficiale impatto, potresti sorprenderti.
Qui di seguito ti conduciamo attraverso un piccolo itinerario, alla scoperta di alcune curiosità che forse non conosci.

Lì dove sorgeva un ponte romano

Cominciamo da Osio Sopra, in passato importante punto di comunicazione tra Trezzo, appartenente al Ducato di Milano, e Bergamo, territorio della Repubblica di Venezia.
In un paesaggio disegnato dal fiume Brembo, il collegamento strategico tra questi due domini era niente meno che un grande ponte, risalente all’epoca romana. Costruito là dove il corso del fiume si restringe in un punto chiamato “forra”, il ponte venne innalzato dove le opposte sponde sono tra loro più vicine.
Cosa rimane oggi di questo ponte, chiamato Put Clòv, “Ponte Corvo”, o Put Pilù, “Ponte Pilone”? Quasi nulla, a parte alcuni resti sullo sperone roccioso utilizzato in fase di costruzione come naturale fondamenta. Il motivo del suo crollo è ancora da definirsi: alcuni parlano di un semplice cedimento strutturale dovuto alla spinta dei mulinelli d’acqua della corrente; altri, invece, insinuano che il ponte sia stato abbattuto di proposito per contrastare i frequenti traffici di contrabbando tra Milano e Venezia…
Se vuoi immaginarlo nella sua interezza, a partire da quel che ne rimane, vai a Osio Sopra, all’altezza della contrada Rasica, o a Marne, sull’altra sponda: troverai una terrazza costruita apposta per averne una bella visuale.

Una micro-città sotto Dalmine

Ci spostiamo ora a Dalmine, a poche fermate di distanza, senza interrompere il filo nascosto che conduce tra le maglie di un passato in certi casi tragico, ancora (in)visibile.
Come nel caso dei quartieri Leonardo da Vinci e Mario Garbagni, dove ormai più di settant’anni fa vennero costruiti due rifugi antiaerei.
Questa storia parte da un allarme non lanciato.
Dalmine era famosa per le sue acciaierie, le Officine Mannesmann; durante la Seconda Guerra Mondiale queste avevano convertito la propria produzione per il Reich, in cambio di protezione dai bombardamenti. Tuttavia, in periodo di guerra qualunque centro industriale diventa un bersaglio da colpire a ogni costo, per sabotare le risorse militari del nemico. Così, nonostante il fragile accordo, nel 1943 in via precauzionale l’azienda decise di costruire due bunker: uno destinato agli operai e l’altro ai dirigenti e agli impiegati.
Immagina, oltre all’esorbitante dispendio economico, la mole di lavoro necessaria: per portare a termine i lavori, nel cantiere vennero arruolati anche prigionieri militari di diverse nazionalità, prelevati ogni giorno dal campo di Grumello al Piano e riportati indietro la sera, col treno.
Il progetto era curato in tutti gli aspetti: locali distinti, un pronto soccorso, comunicazione telefonica con l’esterno garantita, strategie di evacuazione fissate nei minimi dettagli. Per la popolazione era previsto un preciso protocollo da seguire in caso di sirene d’allarme. Eppure, poco servì ad evitare il bombardamento che colpì la città il 6 luglio del 1944: quando le truppe americane sganciarono settantasette tonnellate di bombe sulla fabbrica, l’allarme non venne lanciato, e questo costò la vita a centinaia di persone.
Ai due rifugi si può accedere grazie anche a visite guidate: perché allora non provare a percorrere i corridoi di questa micro-città sottoterra, nel solco della memoria?

…e una spiaggia poco distante

Chiudiamo il nostro tour restando a Dalmine, ma spostandoci su una spiaggia…già, proprio così! Ti è mai capitato, durante una giornata afosa, di immergerti nelle acque ghiacciate di un fiume blu? Per provare la sensazione, abbandoniamo le ciminiere e le stradine interne del paese, per avviarci verso le sponde del Brembo. In passato, quando le famiglie non potevano permettersi ferie e lunghi viaggi, il fiume diventava un vero e proprio sostituto del mare; le dinamiche erano le stesse delle spiagge più affollate: arrivare la mattina presto per assicurarsi i posti migliori, cercare l’ombra e i punti dove l’acqua è più limpida. Il sabato e la domenica intere famiglie si accalcavano qui; ma non solo: ispirati dal particolare connubio di natura e progresso, desiderosi di rappresentare la nascita e la storia di un paese appena sorto, accorrevano anche operai, artisti, fotografi. Forse anche a te è venuta voglia di cercare un angolo tranquillo qui, sulle rive del fiume, e di immergerti non solo nell’acqua fresca, ma anche nelle immagini di un passato che ancora abita il presente…con meno affollamento!