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Pensieri in pensilina

Borgo Canale

Subito fuori Porta Sant’Alessandro, in Città Alta, si apre uno degli angoli più tranquilli di tutta Bergamo. Puoi scegliere di salire a San Vigilio con la funicolare…ma quello è un grande classico dei turisti, un po’ scontato. Per cui ti invitiamo a imboccare un altro percorso, a piedi, verso la parte più bassa, seguendo una strada dolce che pian piano si lascia alle spalle i quartieri residenziali e ti porta verso i colli, in direzione di Longuelo e di Loreto.
Borgo Canale ha dei confini sfumati: locali e botteghe lasciano spazio a splendide ville dai giardini curati, da ammirare nella calma di un pomeriggio estivo, spiandone i particolari. Lentamente si passa alle vie acciottolate e a vicoletti silenziosi, dove la natura ricomincia a far capolino ai bordi delle strade.
Tuttavia, il vero tesoro sono i panorami senza tempo che si godono da qui: da un lato Città Alta, inconfondibile nel suo profilo di torri e campanili; dall’altro la pianura nella sua estensione sconfinata, tanto che in una giornata limpida, con un po’ di fortuna, si intravedono persino i grattacieli di Milano.
Certo, sai già di cosa stiamo parlando. Eppure, ogni volta può essere diverso: come scriveva Proust, “il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”; è questo vale, a maggior ragione, per i luoghi più familiari.

La casa del bergamasco più noto

Proprio qui, in via Borgo Canale 14, una sobria targa in marmo recita: “In questa casa nacque Gaetano Donizetti il giorno 29 novembre 1797”. Si tratta forse del più noto personaggio storico bergamasco: ma sei mai entrato in casa sua?
L’abitazione, risalente al XIV secolo, nel 1926 è stata dichiarata “monumento nazionale” e dal 2009, dopo un attento restauro, è interamente aperta al pubblico: quale modo migliore per immergersi tra gli appartamenti di una tipica famiglia borghese dell’Ottocento e apprenderne le abitudini?
Immagina stanze in cui tutto il giorno risuona musica, mentre dalla strada sottostante proviene il vociare degli abitanti, in dialetto, sovrastato di tanto in tanto dal frastuono delle carrozze e dallo scalpitare degli zoccoli.
Oggi, grazie al bel progetto immersivo ‘Impronte Sonore’, il visitatore è guidato in un tour degli spazi tramite suggestioni sonore che ricreano il contesto in cui nacque e crebbe il celebre compositore. Un vero e proprio viaggio nel tempo.

Scheletri vestiti di tutto punto

Passiamo a un altro artista, questa volta meno noto, ma nato nella stessa via. Un pittore che le cronache descrivono come soggetto estroso e bizzarro…e a giudicare dall’esito del suo lavoro nella chiesa di Santa Grata Inter Vites (letteramente, “tra le viti”), di fronte alla scalinata di San Gottardo, sarebbe difficile smentire questa diceria. Parliamo del ciclo di dipinti noto come “Gli scheletri viventi”.
Entra nella chiesa, percorri la navata e vai a sbirciare dietro l’altare: ci troverai scheletri vestiti di tutto punto, nell’atto di compiere le più disparate azioni quotidiane. A fare scalpore, all’epoca, non fu soltanto il tema prescelto, decisamente insolito: a ispirare l’ingegno ribelle di Vincenzo Bonomi, infatti, furono niente meno che i veri abitanti del borgo. In questa danza macabra, tra i soggetti “ridotti all’osso” troviamo infatti un falegname, dei monaci, gentiluomini del posto, un tamburino e persino il pittore stesso, tutti riconoscibili, tutti consegnati ai posteri in questa veste non certo abituale. Una trovata dell’artista per farsi beffe dei committenti; ma, forse, anche per riflettere sulla brevità della vita.

Uno è lo "Scorlazzino", l'altro lo "Scorlazzone"

Iniziano nella valletta di San Martino della Pigrizia (…un gran bel nome!), salgono in via Sudorno e raggiungono il Colle di San Vigilio. Sono due scalette, anticamente usate per raggiungere gli orti e le cascine dei colli attorno a Città Alta, o per scendere direttamente alla parte bassa di Bergamo.
La scaletta dello Scorlazzone sbuca direttamente accanto alla chiesetta di San Vigilio, e delle due è la più ripida; fiancheggia vecchie abitazioni e muretti a secco. Lo Scorlazzino, che è il naturale prolungamento della prima, conduce a una parte più godibile e meno impegnativa, coronata da una bella vista sui colli e sui terrazzamenti coltivati.
Nomi strani, evocativi. Ma da dove derivano?
Probabilmente da scorlass, termine con cui i bergamaschi, sempre così amanti del lavoro, identificano un particolare tipo di coltello, adatto sia nei boschi che in macelleria.
Queste due strade, in effetti, tagliano il fianco del colle, è vero, ma in un modo piuttosto grezzo, non “con l’accetta”, per così dire, ma più lasciando il solco irregolare di un semplice coltello.
Naturalmente, questa è solo una delle ipotesi. La verità spesso ci sfugge: e va bene così.
In ogni caso, ti consigliamo una camminata quassù al mattino presto, prima di concederti un meritato caffè una volta arrivato in cima.